Alberto Cupido
Alberto Cupido

2006 - ALBERTO CUPIDO ALLO SPECCHIO. 

RIFLESSIONI SU TRENT’ANNI DI CARRIERA

DA FESTEGGIARE GUARDANDO (SEMPRE) AVANTI

 

 

D. Giunto felicemente al traguardo dei trent’anni di grande carriera internazionale ti senti di condividere la definizione che ti è stata attribuita frequentemente di “gloria del canto italiano” per aver portato la migliore tradizione del canto lirico italiano nei più prestigiosi palcoscenici del mondo o ritieni di dovere guardare a questa scadenza con maggiore distacco?

R. Il traguardo dei trenta anni di carriera (effettivamente si colloca nel mese di Novembre di quest’anno) mi rende particolarmente felice.

Per un artista ed un professionista significa, innanzitutto, aver saputo usare il proprio strumento, ovvero la voce, nel migliore dei modi. Qualcuno potrà dire che questo è un dato tecnico addirittura elementare ma vi posso assicurare che è davvero molto importante e significativo….e non frequente.

            Aver usato bene il mio strumento mi ha consentito e mi consente di essere vivo, attivo e, soprattutto aver voglia di fare e guardare avanti nella direzione di un’evoluzione del repertorio ed è proprio questo che mi fa essere particolarmente soddisfatto.

 

D. Il traguardo del trentennale è anche momento di bilanci o preferiamo guardare avanti?

R. I bilanci si debbono fare se non altro per capire dove si vuole andare. Il mio personale bilancio parte dai numerosissimi ruoli che ho cantato e alle soddisfazioni artistiche che mi sono potuto togliere.

Nel prossimo futuro c’è l’eterno bivio cui si trova di fronte ogni artista che abbia una carriera: coltivare una routine dorata oppure “inventarsi” qualcosa di nuovo?...Ma io la risposta me la sono già data perché so di dover guardare oltre il già fatto ed andare sempre avanti.

 

D. Anche la migliore carriera può diventare una sorta di “gabbia dorata” se si macina sempre lo stesso pur importante repertorio. Ma tu questo non lo hai mai fatto…..

R. No. Non l’ho mai fatto ed oggi ho un repertorio di oltre sessanta opere il che mi ha permesso di spaziare da un autore all’altro e, soprattutto, da una vocalità e da una lingua all’altra (il che è molto importante per un cantante). Ora resta solo il confronto con Wagner. E’ una specie di sogno nel cassetto che sto valutando se e come realizzare.

 

D. Cosa ti attrae del grande repertorio lirico tedesco.

R. E’ un mondo nuovo. Concetti filosofici diversi. Un’esperienza artistica e tecnica molto stimolante che mi permetterebbe di crescere ulteriormente.

 

D. Anche perché nel repertorio italiano tu hai fatto praticamente tutto ciò che il tuo tipo di vocalità poteva consentirti di affrontare.

R. E’ vero. E aggiungo di averlo fatto con la dovuta gradualità perché ho iniziato dal repertorio squisitamente lirico - Traviata, Lucia, Bohéme ed anche Falstaff . per arrivare poi ad Aida, Trovatore, Stiffelio, Tirandot, etc.  e il logico traguardo di questo percorso sarà Otello (in Ottobre), pera da preparare con grande cautela e molta riflessione. Non si può risolverla solo dal punto di vista della vocalità.

 

D. Ed invece, secondo la tua esperienza, quali sono i personaggi che si possono risolvere sul piano squisitamente vocale?

R. Per esempio Calaf, vocalità impervia  che richiede grande sicurezza e potenza ma proprio lì, a mio avviso, si risolve praticamente tutto. Il personaggio non chiede molto di più per questo eroe immaginario in lotta con la psicologia malata della principessa Turandot.

 

D. Belcanto, repertorio verdiano e Verismo. Questi i pilastri sui quali poggia il repertorio di un grande cantante italiano. Giusto l’ordine in cui collocare questi tre “momenti”  oppure tu lo hai vissuto, soprattutto negli anni degli esordi e in relazione all’evoluzione tecnica ed interpretativa, in modo diverso?

R. La casualità regola molto nella vita di un artista. Esiste sempre la possibilità che un artista si dia delle scadenze in ordine al repertorio da affrontare le quali vengono ad essere sovvertite in tutto o in parte dalle richieste che a questo artita vengono fatte dai vari teatri con  quali si trova a collaborare.

Si possono verificare le combinazioni più diverse e il caso, gli incontri, il destino, l’imponderabile, regolano il percorso artistico più delle migliori intenzioni. In linea generale, bisogna sapersi abbandonare allo scorrere degli eventi senza, però, mai perdere il senso della misura riguardo le proprie capacità. Insomma, un po’ di fatalismo, molto autocontrollo e tantissima umiltà.

Programmare tutto non funziona mai. Tu puoi volere una cosa piuttosto che un’altra ma bisogna anche sapersi adattare alle situazioni e al destino 

 

D. Molto spesso, però, il destino i manifesta sotto forma di questo o quel direttore artistico o operatore culturale che può condizionar anche fortemente le scelte di un cantante

R. Questo mi riporta ai tempi della giovinezza quando mi venne proposta la Damnation de Faust al Festival di Salisburgo sotto la direzione di Ozawa. Guardai lo spartito, ci pensai bene e rifiutai. Non me la sentivo, allora. Anche se sono stato sempre un fautore del rendersi disponibile quando possibile, quella volta non me la sentii. Mi sembrava un osso troppo duro per le mie forze di allora e ancor oggi penso che si trattò di una decisione molto saggia.

In altre occasioni, altrettanto impegnative probabilmente,m non mi tari indietro ma quella volta andò così. La morale di questa storia è che i direttori artistici sono senz’altro importanti ma la testa che prende la decisione finale è sempre la tua perché sei tu – artista, cantante ed interprete – che giochi la tua credibilità e la tua reputazione. Solo a te compete la verifica finale sull’essere pronto o meno per un certo ruolo, indipendentemente dall’importanza di chi te lo propone.

 

D. Ma quanto costa rifiutare una simile offerta?

R. Indubbiamente costa moltissimo, quanto meno “a caldo”, m la ricompensa arriva più tardi quando, a mente fredda e serena, ci si rende conto di aver fatto la scelta giusta.

Qualche volta il dubbio resta ma, a mio avviso, è meglio un ragionevole dubbio di un passo più lungo della gamba.

 

D. Il 2006 è il trentennale di carriera per te. Come hai scelto di onorare artisticamente questo traguardo?

R. Devo citare, innanzitutto, I Pagliacci ad Atene con la regia di Zeffirelli, poi l’Andrea Cheniér, Gioconda  e Aida a Barcellona, Cavalleria rusticana a Tokyo e Madama Butterfly a Genova, Turandot per la tournee in Giappone con il Comunale di Firenze e Zubin Metha, poi l’appuntamento con Otello e Tosca a Seul.

Poi ci sarà un’incisione dell’Isabeau di Mascagni e questa della registrazione di opere che non hanno una grande discografia è un’attività  cui vorrei dedicare maggiore spazio in futuro.

 

D. Di incisioni di opere rare nei hai realizzate molte. In questo tipo di esperienze ci sono maggiori vantaggi a confrontarsi con partiture che non hanno un’ingombrante tradizione interpretativa oppure c’è lo svantaggio di partire sempre da zero o quasi?

R. E’ una questione giusta quella che poni. Ma l’artista deve assumersi l’onere e l’onore di porre le proprie ragioni interpretative e la propria personale esperienza al servizio di queste situazioni.

Non dico che bisogna immaginare di essere dei “capiscuola” ma in pratica è proprio quello che, almeno in certa misura, si deve avere il coraggio di fare.

Se non hai punti di riferimento certi e condivisibili sei tu che hai la responsabilità di scegliere una visione del personaggio che ritieni giusta e portarla avanti con coerenza e buon gusto.

 

D. Cosa ti piace e cosa non ti convince della situazione dei grandi teatri d’oprera italiani ed europei oggi?

R. Mi piace e mi attrae quello che mi ha sempre appassionato della vita e dell’attività nei teatri. I problemi sono solo di natura economica e legati alla scarsità di pubblico giovane.

Credo che il rilancio dei teatri d’opera passi per un maggiore coinvolgimento del pubblico giovane. Una volta risolto questo problema si può ragionare con calma su tutti gli altri. Senza pubblico giovane, senza ricambio generazionale nel pubblico, a mio avviso, non si va da nessuna parte.

 

D. Pubblico giovane, d’accordo ma cosa fare per i giovani cantanti. A questo punto della tua carriera ti volgerai anche all’insegnamento?

R. E’ una cosa a cui ho pensato molto. E una grande responsabilità  e a me, sino ad ora è mancato il tempo ma soprattutto la sicurezza di poter essere in grado di trasmettere tutta l’esperienza necessaria, oltre che la tecnica vocale e i criteri per le scelte interpretative.

Oggi, forse, sono arrivato al punto di maturazione artistica ed umana che mi fa sentire in grado di adempiere questo compito.

 

D. Ma le condizioni per avviare una carriera oggi, sono più agevoli o più difficoltose rispetto a quando tu hai iniziato?

R. Ai miei tempi c’era un po’ più di spazio. Oggi c’è più competitività e concorrenza sul piano internazionale con giovani preparatissimi che vengono, soprattutto, dall’est europeo o addirittura dall’estremo oriente.

E il rovescio della medaglia della globalizzazione che impone, a chi si affaccia sulla scena musicale oggi, studi ancor più severi ed intensi di un tempo e, contemporaneamente, abbatte drasticamente le possibilità di emergere.

Che ci piaccia o no, oggi la situazione è questa ma potrebbe costituire, per me, uno stimolo ulteriore per dedicarmi all’insegnamento in maniera intensiva.    .